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lunedì 11 febbraio 2013

"SOGNO UN SOLO MESSINA"

Lello Manfredi, ex presidente del Messina  (Foto Fabrizio Pernice)
Premessa. Il contatto con Lello Manfredi nasce da un motivo (triste) che con il calcio non centra nulla. Poi, per "colpa" di chi scrive, la chiacchierata scivola su argomenti più leggeri, come una medicina per curare la ferita. E allora, con l'ex presidente del Messina, di cosa vuoi parlare? Lui capisce, gli si illuminano gli occhi se accenniamo alla squadra di calcio e per la prima volta accetta di raccontare come sta vivendo, lontano da quel prato verde del "S. Filippo", le sue domeniche da semplice "spettatore".
"Sono tornato Raffaele Manfredi, per il momento preferisco dedicarmi alla mia famiglia che lo scorso anno ho parecchio trascurato. Ma seguo costantemente le vicende legate al calcio messinese e una settimana fa sono stato al Celeste a seguire il derby".
- E al S. Filippo perchè non sei più tornato?
"Quello che dovevo fare l'ho fatto. Dopo l'ultima di campionato dello scorso anno, non sono più andato. Chiaramente, essere stato il presidente del Messina, della mia squadra del cuore, è motivo di grande orgoglio. E' una cosa che mi porterò sempre dentro.  Credo che il sogno di ogni tifoso è quello di giocare, allenare o fare il presidente del Messina. A me è toccata la fortuna di fare il presidente".
- Che ne pensi di questa rivalità fra il Messina e il Cdm?
"Mi dà la dimensione della provincialità della nostra città e mi spiace moltissimo perchè è una guerra tra poveri. Andando avanti così, a mio parere, non si va da nessuna parte".
- I tifosi del Messina accusano i dirigenti del Città di Messina di "sciacallaggio".
"Ricordo solo che lo scorso anno abbiamo ristabilito i giusti equilibri. Abbiamo ribadito, se ce n'era bisogno, che l'Acr Messina per storia, tradizione, è la prima squadra della città. I soci del Cdm stanno facendo un altro percorso, senza volersi sostituire al Messina. Li conosco, è gente per bene che si sta spendendo per la propria città, mentre tanti se ne stanno con le mani in mano".
- Ma i tifosi del Messina li accusano di non avere fatto nulla per rilevare l'Acr Messina.
"Hanno provato a prendere il Messina, ma evidentemente non ci hanno creduto veramente e hanno sbagliato clamorosamente. Faccio un esempio. In tre anni, ad occhio e croce, hanno fatto investimenti sulla squadra per circa due milioni di euro. Bene, con quella cifra potevano comprare non una, ma dieci squadre di Serie D. Bisognava avere un po' più di coraggio. Invece, la preoccupazione fondata di trovare sorprese nei bilanci li ha spaventati. Bisognava correre qualche rischio, ma per l'Acr Messina ne valeva la pena. Mica bisognava rilevare il Roccafiorita!".
- Eppure tu sei stato uno dei fondatori del Città di Messina
"Non del Città di Messina, ma della Zancle che è la "cassaforte" del Città di Messina e che era nata con il preciso obiettivo di rilevare l'Acr Messina. Sì, è vero, sono stato uno dei fondatori e aggiungo: il progetto nacque da una mia idea condivisa dai fratelli Pecora. Ci trovavamo in ritiro con l'Fc Messina a Roccaporena e si chiacchierava sul futuro del calcio a Messina. Era l'anno in cui i messinesi, dopo il settimo posto, voltarono clamorosamente le spalle alla società, passando dai 25mila abbonati ad appena diecimila".
A questo punto Manfredi tira fuori un articolo-inchiesta della Gazzetta dello Sport, datato 9 settembre 2006, che sotto il titolo "La grande fuga dagli stadi", parlava di "Disastro a Messina". E Manfredi fa una riflessione: "Si stava andando pericolosamente verso il declino. La gente non si accontentò più della Serie A, voleva qualcosa in più, magari l'Europa League. Quindi manifestai ai Pecora la mia idea, dicendogli che per evitare che ciclicamente la società di calcio fallisse, era necessario creare una base diffusa di piccoli azionisti che supportassero un imprenditore di riferimento. Solo così si poteva evitare di restare in balia del proprietario di turno che per un motivo o per l'altro, ad un certo punto della propria gestione, decideva di staccare la spina. Accadde con i Massimino (società fallita), con Aliotta (ci salvò Franza), con gli stessi Franza che decisero di non iscrivere la squadra in Serie B. E per non andare molto lontano, anche con Di Mascio (ci salvò per il rotto della cuffia Martorano) e successivamente con lo stesso Martorano".
- E ci salvasti tu...
"Non io da solo. Carmine Coppola, alcuni miei cari amici, tanti tifosi e semplici conoscenti.
L'imprenditore reggino Martorano e Manfredi dopo il salvataggio del Messina dal fallimento
Formammo la società e grazie all'intervento economico dei soci riuscimmo a vincere il "nostro campionato", cioè salvare l'Acr Messina  dal fallimento".
- Rimpianti?
"Nessuno. Abbiamo fatto molto, ma molto di più di quanto era nelle nostre possibilità. Certo, alcune lotte intestine all'interno della società ci hanno danneggiato, ma andata così. Inutile piangere sul latte versato".
- Torniamo all'attualità. Come vedi il futuro del calcio a Messina?
"Il Messina a fine campionato approderà in Lega Pro e il Città resterà in D. Quindi mi auguro solo una cosa. Che si dia vita a un nuovo corso. Con una sola società, l'Acr Messina naturalmente, dove possano confluire tutti i soci del Città di Messina e non solo, per costruire una società ancora più solida. Per fare questo bisognerà mettere da parte personalismi".
Torrisi, Manfredi, Lo Monaco e Di Bartolo.  Il nuovo corso del Gruppo Lo Monaco è appena iniziato 
- Scusa, ma quest'ipotesi mi sembra utopistica. Non c'è il rischio che tutti vogliono comandare?
"Questa è una balla che tirano fuori tutti coloro che non vogliono una sola società. Io sono per unire, non per dividere. Tutti insieme per remare in un senso. Nell'Acr e nel Città di Messina ci sono state invece persone che, per problemi squisitamente personali, hanno spinto affinchè questa cosa non si faccia. Ma è sbagliato. Messina è una città troppo povera per potersi permettere due squadre, è inutile disperdere energie".
PIANETA MESSINA


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