IN PURGATORIO PER ESPIARE I PROPRI PECCATI
Difficile pensare a una "perestroika" in salsa giallorossa, semmai a qualche infusione ragionata che dia alla squadra più qualità in difesa e concretezza in avanti. E magari un pacemaker affidabile nel cuore del campo, se Bucolo e Maiorano prendono un raffreddore o restano appiedati dal giudice sportivo.
Così le vacanze di Natale, per i dirigenti del Messina, somigliano più a "lavori forzati" che a una rigenerante pausa magari sulla neve o alle Baleari. La disfatta di Martinafranca, umiltà o meno, ha confermato una cosa. I maghi in panchina non esistono (Grassadonia è bravo, ma fa l'allenatore) e questa squadra ha bisogno più di un ritocco per ovviare in fretta agli errori di valutazione (può capitare) fatti quest'estate dalla società. E di fronte alla miseria di 18 punti dopo mezzo campionato (con una sola vittoria casalinga contro l'ultima in classifica), anche gli handicap degli infortuni e della jella somigliano più a fattori fisiologici del calcio, perchè anche altre squadre possono presentare il conto di giocatori acciaccati o gol immeritati sul groppone.
E allora è più onesto recitare un po' di mea culpa (tutti possono sbagliare) e rimboccarsi le maniche, alzando l'asticella della qualità di questa squadra, che ricordiamolo non è lontano parente di quella che lo scorso campionato ha vinto (ma non stravinto) un campionato di Serie D.
Ma forse il peccato originale è proprio questo. Che differenza tecnica esiste tra quel campionato dilettantistico e questo di Seconda Divisione? E quanto è più forte il Messina di oggi, organico alla mano, rispetto a quello della scorsa stagione? Una campagna acquisti, ricordiamolo, che la scorsa estate non accese l'entusiasmo dei tifosi che si aspettavano ben altro, ma che decisero di firmare la loro cambiale in bianco, forti della competenza e dell'occhio lungo di un marpione del calcio come Pietro Lo Monaco. E sarebbe ingeneroso, adesso, scaricare tutte le colpe sui quei giocatori nei quali gli stessi dirigenti hanno creduto. Semmai la "colpa" è di chi li ha ingaggiati o confermati, in buona fede, credendo che fossero adatti per un campionato vincente. Professionisti che in campo, sia chiaro, hanno finora dato ciò che possono, ma dai quali non puoi aspettarti ciò che non hanno nelle corde. Il campo, giudice impietoso, ha detto finora che questa squadra ha dei limiti strutturali, figlia di qualche peccato di presunzione, mentre le altre società hanno sottovalutato meno questo "girone della morte", nel quale se non sei attrezzato per andare in Paradiso, hai già un bel biglietto di sola andata per l'Inferno. Ma per fortuna c'è anche il Purgatorio per espiare i propri peccati e andare lassù.
PIANETA MESSINA
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