La gioia di Chiavaro dopo il gol segnato al "S. Filippo" contro il Cdm (Foto Fabrizio Pernice) |
- Per te è la terza promozione di fila. Dove giochi diventi un talismano.
"Sì, lo scorso campionato l'ho vinto con la Salernitana, l'anno precedente con il Latina. In passato ne ho vinto un altro con il Modica. Ma mio padre mi ricorda, scherzando, che lui ne ha vinti più di me di campionati".
"Qui a Messina per me tutto ha un sapore diverso. Dopo quella mia traumatica esperienza con la gestione Di Mascio, con la squadra che fu smembrata durante il ritiro, Messina era rimasta un'incompiuta nella mia carriera. Domenica festeggerò la promozione con i miei compagni e questo mi ripagherà di quella delusione e dei giorni meno allegri che ho passato in questi mesi. Ora è acqua passata, mi sento bene, spero di poter continuare a giocare con questa maglia. Ora è tutto risolto".
- Vincere un campionato, anche tra i dilettanti, non è mai facile. Tu hai capito perchè il Messina ce l'ha fatta?
"All'inizio della stagione, quando ci siamo parlati, la prima cosa che ho detto era riferita alla società. Per vincere un campionato è fondamentale lo spessore della proprietà di una squadra. Poi c'è il gruppo che si crea perchè lo vuoi creare. All'inizio non è facile, ma con il tempo l'allenatore e le persone più esperte servono a cementare questo gruppo".
- La vera svolta qual è stata? Quando avete capito, sul serio, che avreste potuto vincere il campionato?
"Ci sono stati due momenti. A Palazzolo è cambiata la nostra mentalità, a parte il modulo di gioco. Con quell'abbraccio collettivo al nostro allenatore, dopo il gol di Corona, sentivamo il bisogno di stringerci attorno a lui dopo qualche critica ingiusta nei suoi confronti. La seconda svolta è stata a Cosenza. Lì, anche se abbiamo perso, ma immeritatamente, abbiamo capito che avremmo vinto il campionato. Tornando a Messina, sul pullman, c'era un mix di cattiveria, incazzatura e convinzione. E' stato uno schiaffo che ci ha fatti sentire più forti. E da quel giorno, guarda caso, non abbiamo più perso una partita".
- Catalano, il capitano e il patron Lo Monaco. Descrivecili.
"Corona lo conoscevo come giocatore, ma mi ha sorpreso tanto come persona. Come lui ce ne sono pochi nel mondo del calcio. Lo rispetto come persona, è stato fondamentale all'interno del gruppo. Il nostro allenatore ha avuto il grande merito di aver mantenuto la squadra unita. E' una persona molto pacate, equilibrata. E' molto preparato, farà parecchia strada. Pietro Lo Monaco lo conoscono tutti. E' una persona carismatica, che sa ciò che vuole, che ti insegna i valori della vita. Un vero padre di famiglia che però ti può dare il bastone o la carota. A noi, per fortuna, quest'anno è toccata solo la carota. Ma ce la siamo guadagnata".
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