La febbre sale, ma è una bella febbre. Carica di passione, emozioni, roba quasi dimenticata negli ultimi anni di oscurantismo. Ora il Messina è lì, a un passo dal trionfo. Serve l'ultimo sforzo, l'ultimo acuto per infiocchettare una stagione impeccabile. Ma per tornare già domenica tra i "prof" bisognerà battere il Cosenza, dare il colpo di grazia all'unica rivale che ha conteso finora il traguardo finale. E per capire meglio come si sta vivendo anche a Cosenza la vigilia di questa domenica bestiale, Pianeta Messina ha deciso di ospitare il commento di un collega, Antonio Clausi, al quale va riconosciuto il grande equilibrio nella sua disanima dell'intero campionato delle due rivali.
"Qualche tempo fa su Repubblica, Maurizio Crosetti ha scritto una verità sacrosanta. “A volte succede che la vera curva sia la tribuna, nel senso di tribuna stampa: non dovrebbe accadere, ma tant'è. Se tu non fossi stato tifoso da ragazzino, difficilmente avresti deciso di dedicarti poi al giornalismo sportivo perché, come il calcio, anche lo scrivere di sport nasce dalla passione e non è materiale freddo. Lo diventa, nel tempo, quando al tifo si sovrappone il mestiere (oppure il fantacalcio, ma quella è un'altra storia). Quando non succede, sono possibili pericolosi e antipatici cortocircuiti”.Fatta questa doverosa premessa, che non è per nulla un modo di alzare bandiera bianca, parlare di Messina-Cosenza diventa per me molto più facile. Che non sarà una partita come le altre è evidente, in ballo c’è una promozione che libererebbe la città vincitrice dalle catene del dilettantismo. Una catarsi vera e propria, insomma. Il Cosenza proverà a far suo l’incontro, gioca a carte scoperte e vuole dimostrare all’Acr che nella gara secca non ci sarebbe mai storia. Inoltre ha la consapevolezza che, con la forbice di cinque punti, non c’è null’altro da perdere oltre a quanto si sia già lasciato per strada.
l discorso non vale per la capolista. Si trova meritatamente in vetta, ha il dente avvelenato per la gara di andata e può vantare un’ampia rosa da cui attingere. Conquistare la Lega Pro in casa, contro la rivale, sarebbe pertanto la classica ciliegina sulla torta. Sebbene possa risultare antipatico sottolinearlo, aver giocato per trequarti di stagione senza Arcidiacono ha inciso in negativo sulle prestazioni dei Lupi. Non è un giocatore di D, non lo è nemmeno di Seconda Divisione: per le caratteristiche che ha dimostrato di possedere e in relazione al livello tecnico del torneo, avrebbe potuto segnare una rete a partita. Più di Mosciaro, anche lui da categoria superiore ed altro grande assente, “Biccio” è una sorta di crack per i match di quarta serie. La classifica, tuttavia, probabilmente non sarebbe cambiata, almeno nelle posizioni.
La piazza ha sposato le sue idee e il progetto è decollato. Guarascio, al contrario, è diventato presidente perché gliel’ha chiesto il sindaco ed ha pagato lo scotto del noviziato. Ha avuto la fortuna di potersi avvalere di un’area tecnica competente capeggiata da Stefano Fiore. Nonostante l’ultimo vero numero dieci dei Lupi abbia ottimizzato i costi non dimenticando di dare qualità all’organico, il modo di intendere il calcio è troppo distante da quello della proprietà. I contrasti, ormai insanabili, hanno avvelenato l’ambiente. Il presidente ha scelto di fidarsi di Quaglio, l’amministratore delegato, in lotta sin dal primo giorno con il direttore sportivo. Negando a Gagliardi i rinforzi richiesti a dicembre, la società ha indirizzato la propria annata verso un altro secondo posto. A prescindere dal risultato del "San Filippo", i supporter rossoblù ringrazieranno i calciatori e allenatore per il rendimento avuto.
“Non bisogna avere rimpianti” ha detto Gagliardi domenica in conferenza stampa, ma forse qualcuno ce l’ha pure lui. E non sono solo di natura sportiva che pure dovrebbero esserci".
Antonio Clausi
(Calabria Ora e CosenzaChannel.it)
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